Descrizione
Beato Frate Diego
Francesco Maria Severini
Periodo: XVIII Secolo
La sua popolarità è dovuta al fatto di aver pubblicato a Napoli, nel 1743, la vita di Suor Chiara D’Amato.
Suor Chiara
Suor Chiara, al secolo Isabella D’Amato, figlia del Duca Francesco D’Amato e della Marchesa Caterina D’Acugno, feudatari di Seclì e Temerano, nacque il 14 marzo del 1618. Finita in un monastero per vocazione propria e non per strategie familiari, visse il modello della santità e meritò fama di beata. La sua vicenda esistenziale presenta delle analogie con quella del conterraneo Giuseppe da Copertino, straordinario binomio nel panorama della mistica salentina del ‘600. Isabella crebbe a Seclì nel Palazzo paterno segnalandosi, fin dalla prima infanzia, per dolcezza, pietà e semplicità. Decisivi per la sua formazione furono i rapporti con i Frati Minori Osservanti del locale Convento di S. Antonio dai quali apprese la narrazione degli eroici martiri subiti dai missionari francescani. A 10 anni decise di dedicare la propria vita a Cristo. Osservava digiuni rigorosi e severe pene corporali e non si risparmiava di servire anche i servi della propria casa, ricevendone in cambio derisioni. Era una spiritualità fuori dal comune in quanto sostenuta con assiduità da estasi mistiche e ratti.
In quegli stessi anni Francesco da Seclì, notissimo teologo e uno dei massimi esponenti della Serafica Riforma, metteva a punto nel suo Paragone Spirituale (Bari 1634) un ideale di vita ascetico che attraverso l’isolamento, la preghiera e l’attività manuale portava all’estasi. La sua prima visione si verificò nella cappella di famiglia dove le apparve la Madonna biancovestita e con collana d’oro al collo. Da allora le visioni non si contarono più. Statura media, carnagione chiara, fronte vasta e spaziosa incorniciata di riccioli biondi, occhi azzurri e nobilissimi, naso profilato e un neo alla base, labbra rosse e piene, di indole semplice e mite. Era questa l’Isabella descritta dal biografo Francesco Severino. All’età di 18 anni entrò nello storico monastero d Santa Chiara a Nardò insieme alla sorella minore Giovanna. Dodici anni dopo prese i voti. Ispirandosi a Santa Caterina da Siena condusse la sua vita di Clarissa, in preghiere, veglie penitenziali, autuflagellazioni, ratti, deliqui, bassi sfaccendamenti a beneficio delle consorelle, febbri a rischio mortale e insperate guarigioni. Durante l’estasi si assentava dal mondo e veniva assorbita completamente dalle visioni in cui si immergeva la sua mente manifestando straordinarie qualità divinatorie, profetiche e di levitazione. Ad una di queste estasi fu presente il Cardinale Vincenzo Maria Orsini, il futuro Papa Benedetto XIII.
Morì a Nardò il 6 Luglio 1693 e venne omaggiata da folle di devoti. Otto giorni dopo il suo cadavere, estratto dal sepolcro, non era affatto rigido e non presentava il “rigor mortis”. Esso si prestava facilmente ai movimenti che le suore gli facevano fare per metterlo seduto sulla sedia della cella, davanti al tavolo in adorazione del crocefisso, per ritrarlo nell’unica e preziosissima sua immagine.
Fatto il ritratto, il processo di beatificazione ebbe inizio. I prelati incaricati per il processo dovevano vedere il corpo della suora, per questo si decise di riesumere nuovamente il cadavere di Suor Chiara. Ma aperto il sarcofago si vide, con grande stupore, che le spoglie di Isabella D’Amato erano sparite e non avendole più ritrovate il processo di beatificazione non potette procedere. Questo mistero fu spiegato solo molto tempo dopo, quando una suora del convento, in fin di vita, disse che Suor Chiara era stata sepolta dalle consorelle, dopo la riesumazione, in un luogo nascosto che sarebbe stato individuato dal ritrovamento di una lapide con il nome della defunta e la data della sua morte. Ma la lapide descritta dalla suora non fu mai trovata.
Nota bibliografica
VITTORIO ZACCHINO, “Chiara D’Amato, la grande mistica del ‘600”, in “Almanacco di Storia, Arte e Società 2003-2004” a cura di V. Zacchino, Amministrazione Comunale di Seclì, 2003.
Padre Arcangelo
Servo di Dio. Il missionario anche lui vissuto nel 1600, era espertissimo in teologia morale e in diritto canonico, per cui ricercatissimo per la soluzione dei casi più disperati. Una vita intensamente dedicata alla preghiera ed allo studio. Religioso e sacerdote esemplare, operò per lungo tempo nel convento di Salice; un Principe di Squinzano lo scelse come suo confessore. Ricco di buone opere morì nel 1671.
Padre Francesco da Seclì
Venne ordinato sacerdote nel 1610 e nel 1625, Definitore nella “Regolare Osservanza” passò poi alla Serafica Riforma di San Nicolò esercitando contemporaneamente il lettorato di Filosofia e di Teologia. Di fondamentale importanza nella vita di Padre Francesco è stato il viaggio in Palestina, per il quale partì nel 1628 per arrivare in Terra Santa ben cinque mesi dopo. Ricordiamo, infatti, che il viaggio si svolse in condizioni avverse e che all’epoca erano frequenti le aggressioni di pirati e corsari). Da questo viaggio Padre Francesco trasse molte esperienze che lo portarono a pubblicare il “Viaggio di Gerusalemme” nell’anno 1639, un fittissimo, minuzioso e prolisso diario dell’accaduto.
Tornato dal viaggio da Gerusalemme, passò per i conventi di Santa Maria della Croce a Francavilla Fontana e per quello di san Bernardino a Bari. In questo lasso di tempo diede alle stampe il “Paragone spirituale” (nel quale, con esauriente compitezza, delinea una sua teologia misticheggiante, sulle orme di San Bonaventura e della successiva tradizione francescana. Stampa anche altri trattati minori dei quali non è stato rinvenuto nessun esemplare); la “Novena pro expecaione partus virginis Mariae, in qua etiam agit de Immacolata Virginis Conceptione”, l'”Opusculum in laudes S.Antoni Patavini” e infine il “Beatissimi Francisci Patris de paula incliti foundatoris ordinis minimorum opuscula quaedam (…) a Patre Francisco a Seclì(…) summa diligentia excerptaet in unum ob suam in Sactum devotionem collecta”.
Nel 1643 diede alle stampe il “Modo di Orare” che giungeva a suggellare nella maniera più degna un periodo davvero splendido. Un’opera tra le più significative nella formulazione di una sorta di teologia misticheggiante, l’approdo di tutte quelle esperienze personali. Rivela il carattere più pratico sotto il profilo della religione e dei riti con una maggiore apertura alla vita rispetto al “Paragone Spirituale”, pur sullo stesso convinto sfondo di una teologia che tende alla definitiva conquista dell’estasi.
Dopo queste pubblicazioni Padre Francesco divenne un personaggio di spicco dell’ambito del suo ordine, infatti ricevette incarichi sempre più importanti (“ministro supremo della grande provincia di S .Nicolò” e “Visitatore delle province riformate di Roma, di Milano e dell’Abruzzo”) che culminarono con la proposta da parte di P.Benigno da Genova, allora commissario generale dell’ordine, che padre Francesco diventasse commissario generale alla scadenza del suo mandato. Questo comunque non avvenne a causa della rielezione di P. Benigno, ma ciò sta a significare che il nostro Padre Francesco aveva raggiunto una posizione davvero importante nell’ordine. Successivamente pubblicò altri scritti meno importanti, comunque segnati oramai dalla stanchezza spirituale. Tornò poi nella terra natia andando a finire i suoi giorni nel convento di San Francesco d’Assisi a Gallipoli il 14 luglio 1672 all’età di 87 anni.
Nota bibliografica
MARIO MARTI, “Francesco da Seclì e le sue opere”, in “Almanacco di Storia, Arte e Società 2003-2004” a cura di V. Zacchino, Amministrazione Comunale di Seclì, 2003.